Il vero ed unico miracolo è la vita. Tutto il resto è un piccolo dettaglio, addobbi per lo spettacolo, morte compresa. Karol, il papa gigante, lo sapeva benissimo e invitava giovani e non a non avere paura specialmente là dove la vita appare insopportabile. Karol faceva bene il suo mestiere di pastore nella vigna di Dio, era amato dalle sue pecore impaurite e temuto dai lupi e dai cinghiali sparsi nel pianeta. Non era necessario essere credente per ammirare il suo sorriso da bambino. Tutti lo invitavano, tutti volevano toccare il suo mantello, sentire l’eco della sua voce, noi compresi, presuntosi e moralmente un po’ comunisti.
Era marzo del non lontano 1990 e mancavano due giorni a primavera. Le Officine Olivetti di Ivrea, così come tutto il resto della città, si erano dati da fare per essere degni dello sguardo del Santo Padre. La scenografia mista di sacro e profano era stata studiata nei minimi dettagli. Tirammo a lucido tutto lo stabilimento, posammo fiori bianchi ovunque e il tappeto rosso lungo il corridoio. E come ultimo disperato tentativo, tutti i sorgenti e gli applicativi furono caricati su un unico hard-disk rigido. L’emozione era palpabile man mano che Papa Giovanni Paolo II si avvicinava con il suo passo da angelo bianco lungo il corridoio stretto con la parete di vetro e gli infissi d’alluminio economico. Assiepati come meglio si poteva, chi dentro e chi fuori dai vari uffici, vestiti rigorosamente da cerimonia, c’era un grande silenzio: l’unico rumore che si sentiva in lontananza era quello delle scarpe nuove e sacre del pontefice e il battito dei nostri cuori che sussurrava: “Toccalo, ti prego…toccalo, ti prego…” ritmava più o meno così. Come d’incanto, Karol, il papa gigante, si fermò proprio lì, altrimenti che santo è? Un sorriso ai lavoratori e una delicata carezza al PC con tutti i sorgenti che non avevano mai funzionato bene. “Evvai, ce l’abbiamo fatta!” qualcuno ha gridato silenziosamente. Avremo finalmente un software che funzionerà da Dio, forse, e la nostra crisi lavorativa avrà una fine, forse. Niente da fare, è stato l’ennesimo fallimento e di lì a poco l’Olivetti è andata in frantumi. Storie di uomini e di donne che hanno fatto grande questa città, questo paese. Non è bastato il tocco magico di Papa Giovanni Paolo II per salvarci, ma per un giorno ci abbiamo creduto. Questo è stato il vero miracolo: credere nell’impossibile, proprio come la vita che non conosce ostacoli. La fede quando diventa uno spettacolo non può mai essere un miracolo, ma un business e la truffa è sempre in agguato. E noi, presuntosi e moralmente un po’ comunisti, ci siamo fatti fregare da imprenditori senza fede e da sindacalisti senza scrupoli che ci hanno distratto con slogan rivoluzionari e belle parole per rubare il nostro futuro. Un dettaglio per alcuni, come la morte del lavoro.