Odio andare in città: traffico, gente di fretta e, chissà perché, gli spacciatori mi scambiano sempre per un tossico: “hombre, fumo?”. Quando proprio devo andarci, cerco di restare il meno possibile. Con il tempo ho affinato la tecnica del forestiero mordi e fuggi e, per compiere queste missioni impossibili, scelgo il treno. Non è una questione di risparmio nè di spirito ecologico, non sono ancora così ricco da pensare a mettere da parte i soldi e non mi sento in colpa per il buco dell’ozono. Milano è una bella città, ma non è a misura d’uomo né di automobile, sembra disegnata da un pasticcere appassionato di labirinti circolari. Sono stanco di girare in tondo e vedere la faccia dei meneghini quando chiedo informazioni, il loro sguardo di compassione come per dire: “Ragazzo, sei spacciato!”. Nella fretta di prendere il treno mi sono scordato di convalidare il biglietto, capita. I lettori di Internazionale, gente per bene, impegnata, disciplinata e abbonata, non avrebbero mai fatto una simile sciocchezza, ma sono certo che mi capiranno. Il controllore invece no, anzi, ha infierito: “Voi stranieri siete tutti uguali, dite tutti la stessa cosa… venticinque euro, prego”. Avrei pagato più volentieri il mio misfatto se avesse parlato a bassa voce. Ma sono stato abbastanza fortunato, la notizia della mia violazione non è uscita al di fuori dello scompartimento. Chissà di chi è stato il merito: della Carta di Roma, che sancisce anche i diritti degli extracomunitari, o degli altri passeggeri, che erano più tolleranti del controllore e hanno fatto finta di niente? Il dubbio è sempre forte. Siccome non mi fido di certi mezzi d’informazione e di alcuni intellettuali disonesti, e per evitare di morire un’altra volta di vergogna, finché sono in buona salute psicofisica e ho tempo dichiaro quanto segue.
Se per disgrazia dovessi litigare con Carlo, il mio vicino di casa, sarà solo per futili motivi e cioè perché il suo cane abbaia nel cuore della notte o perché la domenica mattina alle otto è già lì a tagliare la legna con la motosega o mi ha colto in flagrante mentre rubavo qualche ciliegia dal suo bel giardino.
Se un giorno porterò via i bambini alla mia ex moglie è perché il divorzio, oltre ad essere un lutto perenne, è una costante guerra di sentimenti micidiali e io non sono riuscito a vincere il mio stupido orgoglio.
Ho il massimo rispetto per le tradizioni di questo paese e non vorrei che il mio gesto di spezzare in due gli spaghetti venisse interpretato come uno spregio alla cucina italiana. Quando ero appena arrivato l’ho visto fare dalla gentile signora Tinti. Gli stranieri nel nuovo mondo sono come i neonati: ripetono i gesti degli adulti.
Se tratterò male i fidanzatini di mia figlia è solo perché sono un povero padre geloso.
Rinuncio fin d’ora al mio privilegio di extracomunitario e vorrei essere giudicato come un criminale qualunque. Chi mi accuserà di essere la causa e non l’effetto della caduta di valori di questo paese sarà perseguito davanti alla legge.