Torino è come il suo Po: lenta, nobile e ogni tanto straripa. Un immigrato se ne rende conto quasi subito. Passato il fisiologico spaesamento e superata la nostalgia per il clima mite, comincia a imitare i piemontesi: si tira su le maniche e si lamento poco. Qui la gente ama la discrezione e le scampagnate in famiglia del fine settimana. Derby permettendo, naturalmente. Imitare le buone maniere aiuta il vivere civile e allontana la solitudine. Sarà per questo che l’immigrato va poco allo stadio e comincia a mettere il naso fuori in cerca del fiore più bello. Nonostante le tante colline verdi, però, a volte è difficile trovare quel fiore, che magari uno aveva visto a casa sua. E la primavera corta non aiuta. “Chissà, forse sarò più fortunato l’anno prossimo?”. Anche il tempo qui a Torino è come il suo fiume: scorre silenzioso, e ogni tanto urla che sembra esserci la piena. Impossibile controllare il ciclo della natura. E l’immigrato sa quant’è dura passare da una primavera all’altra, con il rischio di invecchiare senza la sua rosa. Non gli resta che andare al centro islamico di Porta Palazzo. Dicono che l’imam sia molto bravo, e non solo nell’omelia. Dopo il sermone si rivolge ai fedeli: “Cari fratelli, chi cerca una moglie non deve andare troppo lontano, basta che dia un’occhiata alla bacheca dove ho inserito nomi ed età delle nostre sorelle pronte al grande passo. Chi ha intenzioni serie si rivolga a me, cercherò di esaminare le vostre domande”. Come nella migliore tradizione, così fan tutti o quasi dalle nostre parti dove, di solito, c’è l’hagie, una signora che è una sorta di agenzia matrimoniale mobile: famiglie di ogni condizione si rivolgono a lei per sistemare figli, figlie, vedovi e divorziati. La cosa più importante è che la persona sia di una famiglia onesta e della zona, per evitare problemi. Tutto nella norma, ma qui in Italia, niente è nella norma quando non è a norma, e così pare che la polizia voglia vederci chiaro. Ma le forze dell’ordine possono stare tranquille, la maggior parte dei nostri genitori si è unita così alla gioia della vita. E comunque la prima a lamentarsi, in caso di fregatura, sarà sicuramente la sposa: per tutta la vita maledirà l’imam che le ha rovinato la fioritura. Torino è come il suo Po, si muove tra magia e viva memoria. A forza di sentire parlare del leggendario grande Torino e di quella lontana notte di Superga, uno vive nel dubbio: tragedia o destino? O come scrisse Indro Montanelli: "Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto "in trasferta"". Un immigrato, che sia o no un mago del pallone, è sempre in trasferta, spesso eroica. Il suo ultimo viaggio in genere è verso casa, tra problemi pratici e burocratici. Anni fa don Carlo, il parroco di Candia Canavese, ha passato due notti insonni alla disperata ricerca di un esperto di tradizioni mussulmane, che lo aiutasse a dare l’ultimo saluto a un immigrato deceduto in solitudine: “Tutti meritano una degna sepoltura”. E ogni volta che mi racconta questa storia, i suoi occhi sembrano chiedere: “Cosa ne faremo di te quando sarà l’ora?”. Un problema serio: il funerale è come un matrimonio, ha bisogno di preparativi e ci sono tante faccende da sbrigare. Ma ora don Carlo può tirare un respiro di sollievo: finalmente a Torino qualcuno ha pensato di creare un’agenzia di pompe funebri di tradizione mussulmana. Luna, la prima del genere in tutta Italia. La Luna ha senz’altro un nome poetico, ma, per fortuna, è sempre lontana. E i matrimoni a Torino hanno un altro sapore. Di casa.