Ho visto il riccio morire all’alba e i corvi fare festa
Leggerezza e libertà. Quest’anno è andata così: da marzo a settembre sono riuscito a fare quasi ogni giorno il mio classico giro in bici mattutino. 21.000 km in sella non è un record ma un bel ricordo. Un anno ne feci poco più di mille; il massimo è stato 25.000, ma il fisico era più giovane di dieci anni e la mente più libera.
Al mattino presto è tutto diverso, più dolce. Ogni colpo di pedale è un piacere, anche le salite sembrano meno ripide. Sarà l’aria fresca, sarà il traffico nullo, sta di fatto che le gambe non sentono né la fatica né la noia del saliscendi per le colline. Il tempo di sentire il fruscio della bici e subito lo sguardo si perde nell’infinito, senza distrazione. Dà senso di appartenenza vedere l’inizio di ogni giorno che si dipinge di colori diversi: dipende dalla tonalità di luce, afa, nuvole e, soprattutto, dell’umore. Difficile scegliere il panorama migliore. Oggi, per esempio, il lago con le sue piccole e rapide onde offriva uno spettacolo di pace; ieri, invece, le montagne sembravano meno lontane, più verdi. Anche le grosse nuvole incinte sembrano meno minacciose ma si spera sempre che partoriscano il più lontano possibile: non ho niente contro la pioggia ma non ho voglia nè tempo di pulire la bici e, inoltre, è difficile fare andare via l’odore di grasso dalle mani. Comunque la cosa più bella rimane vedere il sole nascere senza fretta.
Non amo i rettilinei, mi fanno sentire pigro. Preferisco le salite alle discese, ho più tempo di riordinare i pensieri sulle piccole cose quotidiane. Spesso, però, a fine giro dimentico tutto. Pedalando con l’alba ho imparato tante cose: il meteo è una questione di fortuna e gli animali di pianura, per esempio, si sono troppo addomesticati. Perfino i corvi si spostano a malapena, il necessario per evitare la traiettoria della bici per poi ritornare su qualche carcassa fresca. A proposito di animali morti, il riccio e la lepre hanno la minore possibilità di arrivare sani e salvi fino all’altro lato della strada, l’asfalto non perdona gli indecisi. Anche gli scoiattoli, nonostante la loro eleganza fuggitiva, possono rimanere vittima di automobili di grossa cilindrata di ritorno da qualche parte. Gli animali di collina, invece, sono più attenti al ritmo della vita civile. Una volpe o un falco non si lasciano prendere facilmente dal fascino indiscreto del progresso e scelgono loro dove e quando rischiare la pelle.
Al mattino presto è tutto diverso, più desertico, un incanto, ma bisogna stare attenti a non perdersi nell’ammirare l’alba nascere. Un cane che sbuca all’improvviso chissà da dove e che si diverte ad inseguire abbaiando il fruscio della bici può capitare a chiunque. Di solito si arrendono dopo pochi metri di corsa non senza lasciare quel senso di scampato pericolo. La strada verso casa può riprendere e a breve il panorama sarà rimpiazzato dal caos della vita quotidiana, ma non senza avere dato un nuovo appuntamento ai corvi con la loro aria di sfida, al riccio stampato sull’asfalto, alla volpe assonnata e al cane che, a ragione, odia i ciclisti. Il lago, il bosco e le montagne ci sono sempre anche se ogni giorno cambiano colore. Dio è fatto così, ama stupire all’alba. E nonostante i corvi e i cani quest’anno è stato davvero, come sempre, fantastico.