A Ivrea, per
essere considerato un vero eporediese, poco importa se sei nato in Palestina o a
Napoli, bisogna fare almeno una volta nella vita una di queste cose: il
Generale o la Vezzosa Mugnaia dello Storico Carnevale, tuffarsi a volo d’angelo
dal roccione del lago Sirio oppure partecipare all’Ivrea-Mombarone. Fare il Generale
è troppo impegnativo, la Mugnaia pure oltre ad esser molto stressante, la
qualità dell’acqua del lago non è il massimo, figuriamoci il tuffo artistico. A
questo punto non mi rimane che una cosa sola: La Momba. Per chi non lo sapesse la
Momba non è una danza caraibica o una lotta greco-romana, ma qualcosa di più
affascinante e sensuale, la corsa più bella e eroica che un vero trail running possa
sognare. È una marcia alpina di 20 km con 2.124 D+. Per diventare
un vero trail running bisogna concentrarsi su una sola cosa: allenare la mente a
pensare che nulla è impossibile.
E così sia: quattro
mesi di duro allenamento come un vero maratoneta keniota, 3-4 corse alle
settimana, poco asfalto e tanto sterrato, seguire il più possibile i consigli
dei colleghi che all’improvviso sono diventati esperti personal trainer, mandare
a quel paese gli altri colleghi e amici portatori sani di sfiga: “… non ce la
fai… non è per te… non hai più l’età…”. È dura cambiare le abitudini senza
sconvolgere troppo la vita familiare. Inoltre è necessario trovare un ottimo
compagno con la stessa motivazione per affrontare al meglio la sfida. Questa è
la cosa più difficile. Lo stesso vale anche nella ricerca di un paio di scarpe
giuste… Poi arriva il giorno tanto atteso, il 2 luglio 2017 ore 07:30: sei già
lì in piazza Ottinetti e all’improvviso scopri di avere sbagliato tutto o quasi,
non sei pronto per niente, ma ormai sei dentro. Non resta che guardarsi attorno
per studiare gli altri partecipanti, muovere collo, gambe e braccia per fare
vedere che sei vivo e poi fai come fanno tutti, inventi degli acciacchi
immaginari, ma siccome non sapevo cosa dire, indico con orgoglio le mie scarpe
nuove di zecca. Mai nella vita un sbaglio così grosso! All’avvio liberi il
fanciullo che c’è in te, perché la corsa, qualunque tipo di corsa, non è nient’altro
che un ritornare bambino e rincorrere in perfetta solitudine i propri sogni a
forma di nuvola.
Di solito chi
partecipa all’Ivrea-Momba ha tre obiettivi o, se vogliamo, tre muri da
abbattere: il primo è scendere sotto le 2 ore, questo è il sogno di ogni
vincitore. Il secondo è scendere sotto le 3 ore, questo è il sogno di alcuni per
conquistare la stima dell’amante. Terzo scendere sotto le 4 ore, questo è il desiderio
di molti per non perdere la fiducia in se stessi.
Da oggi,
finalmente, e dopo trentadue anni di onorata cittadinanza canavesana, posso
alzare il naso all’insù verso la Colma del Mombarone e gridare ai quattro venti
la mia felice provincialità: sono eporediese!
PS. Vi
garantisco che è più facile fare il Generale, la Mugnaia o fare il tuffo a volo
d’angelo che concludere l’Ivrea-Mombarone. Non c’è confronto. Forse, dico
forse, state morendo della curiosità di sapere quale muro ho abbattuto?
Inutile, non vi lo dico ma per poco non avrei perso la fiducia di Anita, il mio
cane!