Anni fa, qualcuno dal cuore tenero e dal cervello fino, proponeva di stare attenti ad usare certe immagini nelle fiabe perché, con il tempo, si poteva rischiare di associare nomi ad eventi mai capitati realmente. La persona in questione si riferiva al lupo cattivo, allo stupido somaro e ad altri animali che, a forza di trovarli sempre nelle favole a fare la parte del cattivo o dello sciocco, il bambino cresceva con il panico di trovarseli davanti. Poveri animali, povero bambino! L’operazione sembra riuscita, la campagna di sensibilizzazione ha avuto successo e ora i piccoli possono dormire sonni tranquilli e amare gli animali, tutti senza distinzione. Dalla fiaba, però, è rimasto fuori quello più cattivo per alcuni, più misterioso per altri: l’orco, meglio conosciuto come l’uomo nero che sembra condannato a fare ciò per cui l’abbiamo inventato, l’eroe negativo, e il suo nome evoca magie e rapine. Ogni tanto, per la verità, qualcuno cerca di fare qualcosa di concreto e dare dignità all’uomo nero rimasto per anni al margine della storia, tra apparizioni, fughe, miserie e persecuzioni, ma, si sa, non è così facile come con gli animali di cui siamo innamorati follemente. Qui si tratta di esseri umani in carne e ossa. Bisogna riscrive la storia, dare un volto e una identità al nostro ruba-sogni immaginario, dargli voce e soprattutto indirizzo a cui rivolgersi se abbiamo bisogno di cercarlo, insomma, non si può senza infanzia, istruzione e casa renderlo uguali a noi e far smettere i nostri bambini di avere paura di lui. Naturalmente abbiamo bisogno del suo consenso, chissà se anche lui è d’accordo ad assomigliarci, magari anche noi per lui evochiamo paura e magia. Comunque vale la pena di tentare, non si può continuare a salvare solo una parte della fiaba e ignorare l’altra, quella più nobile, l’essere umano. E qui nascono le prime difficoltà. Il progetto ha bisogno di fondi e molti non sono d’accordo, preferiscono lasciare la storia a metà, oramai i lupi e i somari sono salvi, che bisogno c’è di tutto questo spreco in tempo di magra? “I soldi e la casa servono a noi”, questa è la loro migliore scusa, oppure ti dicono: “provaci tu a mandare i tuoi figli a scuola a sedere nello stesso banco con l’uomo nero”. Meglio rimandarlo là dove è arrivato. Dove? Dalle pagine della storia senza memoria, forse. Non è così, anche lui, l’uomo nero, merita compassione, forse non è mai stato veramente cattivo, solo il suo modo di vivere lo rende diverso ai nostri occhi. E le troppe associazioni del suo nome ad eventi mai successi lo rendono malvagio. Forse, per cominciare, sarebbe ora che qualcuno chiedesse di non legare più lo Zingaro all’uomo nero; zingaro viene dal greco Athìnganoi e indica gli esponenti di una setta eretica perseguitata, come un tempo lo erano Gesù e i suoi compagni e come anche gli ebrei, e tutti sappiamo come è andata a finire, male, molto male. E finché l’Italia non darà una prova di maturità, l’incubo dell’uomo nero, ma quello vero e cattivo che è dentro ognuno di noi, ritornerà sempre alla fine di ogni fiaba vestito da lupo o da somaro.