Caro diario,
oggi, 7 dicembre 2010, è una splendida giornata: mi sono “dottorato” in Scienze Politiche. La mente corre subito a lei. Tanti anni sono passati; io ero bambino e lei era la madre più dolce, un sogno. In sua compagnia, e cercando di tenere il suo passo slanciato, la gente, gli uomini, girava la testa per guardarla. “Perché ridi, mamma?”. “Rido perché è bello quando la gente volge la testa, ti senti bella anche quando non lo sei. Sai, fa piacere a noi donne essere guardate di rapina”. Non potevo capire, ero poco più di un bambino. E poi è arrivata la scuola e, con tanto dolore e tenerezza, ho scoperto che la madre più bella non sapeva né leggere né scrivere; povera di famiglia era stata data sposa-bambina al figlio della famiglia più ricca di Nablus, mio padre. E così, tra un compito e l’altro, cercavo di insegnarle l’alfabeto, ma lei era sempre indaffarata. Mai un attimo di pausa, nemmeno il tempo di guardarsi allo specchio, pettinare i suoi lunghi capelli. Un giorno mi chiese: “Cosa ci vuole per avere una laurea?”. Non volevo ferirla e cercavo una risposta la meno maleducata possibile: “Tempo, ci vuole tempo, mamma”. “Bene, allora finché sei ancora così piccolo e hai tutto il tempo necessario, perché non prendi una laurea per me?”. Tanto è passato d’allora, lei è ancora bella e io, invecchiando, mi sono ricordato del suo desiderio finché sono in tempo. Questa laurea è per te, solo per te mamma. Sappi che ci siamo laureati con questa tesi: “Alla corte di Machiavelli. Il segretario fiorentino come “maestro” di libertà e superiorità del potere esecutivo in recenti dibattiti americani”. E non dico altro.