Un anno da dimenticare, anzi da cestinare, niente di bello. Politici mai così scadenti, giornali ridotti a edizioni scolastiche: domande inutili, raccolte di firme tra amici e editoriali da terza elementare. Premio Nobel deludente dato ad un uomo nato libero e divenuto prigioniero del suo ruolo da super-presidente. Summit, conferenze e tende da circo per Ali Babà e le sue quaranta vergini cui parlare d’economia, fame, guerre e ambiente. Intanto a portare il mondo sulle spalle ci pensano sempre gli stessi ignoti: gente comune, prostitute, ONG e uomini di buona fede. Il popolo multicolore riempie le piazze di mezzo mondo al grido “vattene” e nelle stanze del potere si continua a brindare: alla salute dell’opposizione. Tutti vogliono conservare la croce, vuota, senza il suo coinquilino straniero. È troppo facile, non pesa niente. La paura allevata con cura si è impadronita d’ogni umano gesto quotidiano. Disoccupati abbandonati sui tetti a ululare alla luna. Brutte storie, brutti attentati, brutti soldati, brutti delitti, brutti personaggi, brutti commentatori, brutti programmi tv, brutti ospiti, brutti spettatori, brutti premi, brutti campioni, brutti datori di lavoro, brutti sindacati, brutti bloghisti, brutti cori, brutti presidenti, brutti leghisti, brutti democratici, brutti liberali. Brutta annata. Siamo talmente brutti che anche il duemiladieci sarà rovinato un minuto dopo il brindisi di mezzanotte. Così, tanto per rimpiangere il duemilanove. E il primo che dirà: “Si stava meglio quando si stava peggio” è un uomo senza speranza, anzi, è il più brutto di tutti. Non dategli ascolto, è contagioso. Piuttosto guardate in alto là fuori, da qualche parte ci sarà la neve, bellissima.