Issa nacque come nascono tutti i bambini, con dolore e gioia. Miriam avrebbe voluto partorire in una bella stanza e sopra un comodo letto, ma le contrazioni non le hanno lasciato il tempo. Non sappiamo né la misura né il peso del nascituro, l’unica cosa certa è che era, come tutti gli altri bambini agli occhi della madre, bellissimo.
E così, Miriam, dopo il difficile e improvviso parto, prese il suo bambino in braccio e lo avvicinò al suo generoso seno. Issa prima di succhiare il gusto della vita, guardò sua madre e le fece un sorriso. Miriam capì: il suo dolce amore non avrà una vita facile, è troppo sveglio e sensibile per sopravvivere alla durezza dei tempi. Lo abbracciò forte come per nasconderlo: impossibile. Il ragazzo crebbe in fretta, troppo in fretta da poterlo contenere, da imprigionare il suo spirito libero; la mamma lo lasciò fare con una mano sul cuore e le solite paure tipiche delle mamme in giovane età. Issa era abile in tutto, nel fare e nel parlare, ma soprattutto sapeva amare. Infatti tra un commissione per la mamma e qualche lavoretto nella falegnameria del padrino, andava in giro per le strette vie del paese con i suoi compagni di gioco e d’avventura a raccontare storie di un Re, l’unico Re senza corona né castello ma che, nonostante il suo esercito fosse di gente comune e umile, era il più forte di tutti i Re perché disponeva di un’arma segreta: l’amore. È lì che sono cominciati i guai per Issa e per sua madre. All’inizio erano solo intimidazioni «tieni tuo figlio lontano da qui, altrimenti…» e lasciavano la frase cadere così. Miriam forse era tentata di portare via suo figlio, non per fare piacere agli altri ma per proteggerlo: in molti non erano contenti dei suoi discorsi e lei conosce bene cosa è capace di fare la gente pur di non perdere il proprio prestigio e potere. Per amore di suo figlio non fece niente. «I figli devono avere i propri sogni e di certo non sarò io a fermare il suo amore». Non sappiamo chi abbia fatto la soffiata, se mai c’è stata, e nemmeno tutto il processo, ma la condanna sì. Per certi aspetti è stata terribile e per altri versi quasi liberatoria. «Se avesse voluto avrebbe potuto salvarsi», qualcuno mormorò insinuando nel piccolo paese; il giudice gli diede anche la possibilità di ritrattare tutta questa strana storia dell’unico Re e dell’amore e gli chiese per l’ultima volta: «che cos’è la verità?», ma Issa non rispose.
Miriam si disperò come tutte le madri cui stanno per uccidere la ragione della sua vita; non pianse, però, perché si fidava di suo figlio soprattutto quando le disse: «mamma, ti prego, non piangere per me. Io tra poco ritornerò per portarti via da qui, ce ne andremo tutti. Aspettami su quella collina, in un giorno di primavera rispunterò come sbuca un fiore dalla roccia. Ti amo e so che mi ami».
Ecco, più o meno questa è la storia di Issa. Da quel giorno molta gente non fu più capace di amare. Forse per questo o per paura e pentimento, tutti aspettano su quella collina che il fiore faccia capolino e ricominci la primavera.
Spesso nell’attesa la gente diventa nervosa, maleducata e smemorata. A Gerusalemme in un strano giorno di primavera, lo stesso in cui gli ebrei celebrano l’antica festività di Purim e i cristiani piangono la morte in croce del loro Signore Gesù, sotto la collina, nelle stradine della Città Vecchia, si incrociano i figli degli ebrei ortodossi mascherati a festa come a Carnevale, le processioni addolorate della Via Crucis che vanno al Santo Sepolcro e i mussulmani che camminano in fila silenziosi per la preghiera sulla spianata dell’Aqsa. In quel giorno un fiore sbocciò dal nulla. Miriam era lì, sono duemila anni che aspetta. Gridò al di là del muro e dei checkpoint: «Grazie al cielo sei tornato in tempo per il Purim!», come tutte le madri anche Miriam, alla vista di Suo figlio, si scordò dei duemila anni di sofferenza e di attesa.
Dunque, Gesù tornò sul monte degli ulivi e sua Madre, felice, gli fece segno con la mano di andare da lei a Betlemme. Lui prese un pezzo di terra e ne fece mille colombe «questo è il regalo di mio padre per te». Tra spari e fionde nessuna colomba arrivò a destinazione. «Potrei farne altre mille e mille ancora, ma voi sareste sempre più rapidi di me» e decise di incamminarsi verso Betlemme. Il tempo di fare due passi e un soldato giovane gli chiese di fermarsi: «documenti per favore».
G. «Già, questa è la mia casa e tutto appartiene a mio Padre».
S. «Mi dispiace amico, qui tutti dicono la stessa cosa».
G. «E tu, piuttosto, che fai qui lontano dalla tua famiglia il giorno del Purim?».
S. «Difendo la patria e la libertà».
G. «E perché lo fai?».
S. «Per amore».
G. «Uccidi per amore? Non ti sembra assurdo? Comunque, ti piacerebbe andare a fare festa con gli altri? Se vuoi prendo io il tuo posto».
Il soldato non credette ai suoi orecchi, consegnò l’Uzi a Cristo e gli disse di aprire bene gli occhi, il nemico è ovunque, è disperato e di non avere paura della morte. Gesù prese il mitra e cominciò a giocare come un bambino felice.
Finalmente arrivò alle porte di Betlemme. «Alt! Documenti per favore»
«Questa è casa mia e lì sono nato io»
«Dispiace amico, qui tutti dicono la stessa cosa».
«E tu, piuttosto, che fai qui lontano dalla tua famiglia il giorno del Purim?».
K. «È roba da Ebrei, io sono kamikaze! Mi sacrifico per la mia patria e la mia libertà».
G. «E perché lo fai?».
K. «Per amore».
G. «Uccidi per amore? Non ti sembra assurdo? Comunque, ti piacerebbe andare a fare festa con gli altri? Se vuoi prendo io il tuo posto».
Il kamikaze non credette ai suoi orecchi, consegnò la cintura a Cristo e gli disse di aprire bene gli occhi, il nemico è ovunque, è disperato e di non avere paura della morte. Cristo prese il mitra e la cintura piena di chiodi e di tritolo e si diresse finalmente verso sua Madre. Baci e abbracci, Maria si sentì al settimo cielo. E gli chiese:
«Come sta tuo padre?».
«Bene, ti manda un sacco di fiori».
«Sai, non è mai stato facile stare vicino a uno come tuo padre». È la solita lamentela di tutte le donne che hanno deciso di sposare un genio. E Gesù chiese che fine hanno fatto i suoi compagni di gioco e di avventura.
«Luca, Matteo e Giovanni sono diventati autori famosi, ognuno ha scritto il Vangelo secondo il proprio punto di vista. Giuda, disperato per la perdita dell’amico, prima ha tentato il suicidio, poi la scrittura, dopodiché è partito per il militare; ora è un generale di tutto rispetto. Invece, in onore di Pietro, qualcuno ha costruito una bellissima casa piena di dipinti e di candelabri d’oro massiccio per pregare».
Gesù, perplesso, esclamò: «che strano concetto dell’amore ha la gente! Hanno una fifa incredibile della morte, ma sono disposti ad uccidere. Pregano avvolti nell’oro e in preziosi dipinti. E poi, come si fa? Tutti mi aspettano da una vita e nessuno, tranne te Mamma, mi ha conosciuto!».
«La gente pensa di aspettarti figliolo, in realtà vogliono dare un senso alla loro vita, vogliono essere salvati dalla loro solitudine».
«E Maddalena?» chiese sottovoce Gesù.
«Sei ancora innamorato figlio mio?».
«Mamma, come potrò scordare il primo amore?! Che fine ha fatto?».
«Nessuno lo sa, ma qualcuno giura che abbia fatto un sacco di figli e che qualcuno ti assomigli».
Per cambiare discorso Maria chiese a suo figlio se gli abbiano fatto male il giorno della crocifissione.
«No mamma, si sono fatti male loro stessi. Io stavo lì e ascoltavo mio padre che mi diceva “resisti, non sanno quello che fanno”».
«E ora che ne sarà di noi, ci porti via di qui?».
«Fra un attimo, un solo attimo, ma prima vorrei fare un ultimo giro di tango con te».
Cristo posò il mitra e la cintura imbottita di tritolo e aspettò finché il Purim fosse terminato. Chiese all’Arcangelo Gabriele di suonare la tromba e fece due passi di danza con sua madre sopra il tetto del mondo, dove non ci sono soldati, né muri né checkpoint.