La vita è come un libro aperto. Vero. Ma a volte nelle pagine mancano delle frasi se non addirittura intere righe. E così ci sono certe persone di cui è difficile comprendere fino alla fine il loro pensiero. Diventano come le vecchie macchine stanche che ad un certo punto vanno a strattoni. Ci vuole una certa fortuna per arrivare a destinazione. Questi tre ragazzi non sono macchine e, un tempo, erano “normali”, pagine complete, e poi certi tipi di droga sintetica hanno lasciato dei buchi nel loro modo di ragionare. E la società, proibizionista e moralista non sa come recuperarli o rottamarli. Intanto, nella scuola di formazione professionale, dove ogni anno tengono dei corsi per i disabili, si fa il possibile per aiutarli al reinserimento in questa società spietata. Ma guai a farlo presente ai ragazzi, mezzi rotti e mezzo sani, potrebbero offendersi.
Marco ha 35 anni tutto sommato portati bene, veste quasi elegante e frequenta un corso professionale finanziato dalla regione Piemonte. Ogni giorno, a fine lezione, saluta tutti e, prima di andare via, con l’aria indaffarata, si rivolge alla sua docente di turno: “Oggi devo portare mia moglie dal ginecologo, è incinta al settimo mese”. Marco ha 35 anni, fisico sportivo, non ha mai avuto la patente, porta gli occhiali spessi e vive ancora con i suoi genitori. Se non fosse per quella sua bugia quotidiana nessuno si sarebbe accorto che lui è un malato di mente. E, per non offenderlo, tutti li sorridono come dei matti: “Auguri”. Marco ha 35 anni e l’aria di un ragazzo felice. Ha finito il corso e fa la vita da disoccupato. Oramai, per colpa dalla crisi, qui, nessuna azienda assume più portatori di handicap. Marco aspetta indaffarato e nessuno ha il coraggio di uccidere il suo sogno. Auguri.
Roberto ha frequentato lo stesso corso di Marco, e porta male i suoi anni, gli mancano un sacco di denti e, estate e inverno, viaggia sempre con il suo “Ciao” e con un casco inutile. Nell’attesa di una sistemazione lavorativa anche temporanea, ha deciso di presentarsi tutti i giorni qui alla scuola di formazione professionale. Qualcuno, per gentilezza o per sbaglio, gli ha affidato il compito di innaffiare le piante. Dopo due settimane erano tutte morte, troppa acqua. Roberto, ogni tanto, non si presenta, ricovero forzato per la solita dose sedativa o per un bagno obbligato. Ma lui, educato, trova sempre il modo di avvisare, chiama dal cellulare di qualcuno: “Oggi non posso venire, domani sì”. Nel frattempo qualcuno ha pensato di comprare nuove piante. Un giorno, Roberto aveva voglia di vedere il mare e così ha preso di nascosto l’auto di sua madre e non ha mai mollato la corsia di sorpasso dell’autostrada A4. Il mare piatto d’agosto scorreva alla sua sinistra come un miraggio, Roberto lo ammirava sorridendo, felice. E’ andata avanti così, il mare a sinistra e Roberto incantato con il finestrino abbassato sempre nella corsia di sorpasso, finchè la macchina si era fermata da sola. Il serbatoio si era completamente svuotato anche dell’aria. La pattuglia di polizia autostradale seppe dopo, più tardi, il problema personale di Roberto, non prima di averlo multato e verbalmente maltratto. La mamma di Roberto, in ogni caso, era abituata a certe avventura di suo figlio. E teme sempre il peggio.
Pierluigi era il più elegante del corso professionale e, se non fosse per quella sua mania, nessuno avrebbe messo in dubbio la sua apparente “normalità”: tocca il sedere a tutte le signore che sono a portate di mano, belle e brutte, giovani e anziane, per lui è indifferente. Chiamatelo pure matto.