La vita è generosa, il tempo mai abbastanza. Abdul ha avuto due madri e non ha assaggiato la vita. La sua mamma naturale non poteva allattarlo. Da noi il latte artificiale non è visto di buon occhio, roba da occidentali, e il neonato è spesso affidato a una nutrice. Una mamma è uguale all’altra. E così mi sono trovato a dividere la mia pappa con un altro, un fratello più piccolo di me di due giorni. La miseria unisce. “Buongiorno mondo!”, ripeteva Abdul ogni mattina, guardando la luce dalla sua cella. “E’ bellissimo, là fuori ci deve essere un altro mondo, ci pensi?”. Era convinto che non fossimo ancora nati e che ci trovassimo nel ventre della terra. “Il primo che esce saluta il mondo per entrambi, ok?”. Non dico mai di no, ma spesso non mantengo le promesse. Uffa, questa gravidanza comincia a far sentire i suoi effetti, tra ansia e strani pensieri. Sarà stato l’incontro di ieri al consultorio per fare conoscenza e sentire consigli. “Voi come lo fate: naturale, in acqua o senza dolore?”. “Lo facciamo solo di mattino e possibilmente in casa”. (Intendo il parto). Mi piace vedere la gente sorridere, rilassata, per questo preferisco il corso di nuoto per gestanti. Le future mamme, tra una bracciata e l’altra, chiacchierano leggere. I padri, vigili, guardano orgogliosi l’albero della vita galleggiare adagio. Ignari. Lo faccio volentieri, ma non so davvero perché partecipo a tutto questo se al primo guaio chiamo Nablus e, in più, non so nuotare. Per non sentirmi diverso? Comunque la diversità mi ha fatto capire molte cose: perché da noi i bambini nascono già stanchi e arrabbiati e qui pieni di consigli e annoiati. Le nostre mamme non sono seguite: tra lavori di casa e mariti spesso assenti non hanno tempo Qui, invece, hanno mille occhi addosso e il rischio di trovare il vuoto dopo è dietro l’angolo. “Avete già scelto il nome?”. Non è così facile. Oltre a essere doppio, arabo e italiano, deve essere: bello, corto, profondo, unico, facile da memorizzare, che evochi ricordi, trasmetta fiducia e metta tutti d’accordo. Ma non bisogna mai pensare troppo e io ho già scelto: si chiamerà Sabah. Prima di lui ho avuto Noor e Yahia. I tre nomi insieme significano “buongiorno vita”. Senza volerlo ho mantenuto una promessa. Abdul non lo saprà mai, lui ha avuto due mamme e poco tempo.