Sai tenere un segreto? Impossibile. Passati i primi tre mesi, la pancia e le poppe fanno da spia e la tua vita privata diventa di pubblico dominio. Addio pace. I figli nati da un matrimonio misto dovrebbero essere il primo vero passo del lungo cammino di integrazione. C’è finalmente qualcosa che ti trattiene su questa terra straniera. E allo stesso tempo spuntano nuovi problemi. Per esempio le due nonne. Quella italiana, pacifica e moderna, non ha ancora digerito del tutto la convivenza di sua figlia con un immigrato, per di più divorziato e con figli a carico. E ora ha il terrore della circoncisione (“Lo battezzate, vero?”). L’altra, invece, quella palestinese, battagliera e tradizionalista, non ammette che si facciano figli senza essere sposati. Nel mondo arabo non esiste la famiglia al di fuori della famiglia (“Vi sposate, vero? Altrimenti come saprà chi è suo padre?”). Un futuro padre immigrato, innamorato della sua compagna, dei figli e di questo paese, sa benissimo che occidente e oriente possono incontrarsi. Le due nonne, invece, no. Sono come due alberi nel bosco: si sfiorano, si toccano, ma non possono sradicare le loro radici.
Il telefono squilla un giorno sì e l’altro pure all’ora di cena. Sono loro. Si stanno già contendendo il futuro nipote, ognuna a modo suo. Una ti comunica che ha già riordinato l’ex camera di sua figlia, ha tirato fuori tutti i vecchi ricordi (compreso il vestito della prima comunione) e ti aspetta a cena sabato sera. L’altra, invece, sapendo di essere penalizzata dalla distanza, ti propone un affare d’oro: “Perché non lo fai nascere qui, a Nablus?”.
Le soluzioni sono due: rispondere gentilmente di no a entrambe o staccare il telefono e riprendere la vita di un tempo. Ma oramai è tardi, sei già ostaggio di queste due nonne diverse in tutto, anche per numero di nipoti. Una ne ha ventisette, nati tutti in famiglia. Mentre per l’altra sarà il primo, e forse nemmeno battezzato!. Entrambe, però, sono d’accordo su una cosa: bisogna pensare al futuro del nipote. Non si conoscono ancora, ma ho il sospetto che in qualche modo già comunichino. Alla fine l’unica foglia senza radici, qui, rimarrò per sempre io. Anche questa è libertà. Forse.