Odio andare dal ginecologo, il medico tocca dappertutto e fa troppe domande imbarazzanti. Che in genere rimangono senza risposta. Mi ricordo tutto della mia infanzia, ma non ho niente che possa documentare la mia vita precedente: “Che malattia hai avuto da piccolo? Quali vaccini hai fatto?”. Che ne so io! Sono nato così come nascono tutti da quelle parti, in casa, senza fiocco azzurro sulla porta. Non c’è il medico di famiglia e all’ospedale si va solo in caso di malattia grave. L’unica cosa certa è il mio gruppo sanguigno, non basta? “Avete qualche malattia ereditaria in famiglia?”. “Sì, la guerra”. Il medico sorride e compila il questionario. Addio gioia del momento, qui non si lascia niente al caso, la natura va monitorata e corretta in ogni fase. Dove è la sorpresa e l’amore a prima vista? Intanto capisce che del tuo vecchio mondo conservi solo dei ricordi visuali e orali, un vaccino sull’avambraccio che sembra un tatuaggio mal riuscito e qualche foto sbiadita. La nuova creatura saprà tutto della madre italiana: la camera dove dormiva, le amiche con cui giocava, la scuola e le vecchie maestre. Mentre tu sarai solo un alieno addomesticato, perché qualunque cosa racconterai non sarà mai vera. Per il suo bene racconterai che i due mondi sono uguali. Non è vero. Dirai che il tuo vecchio mondo è migliore e più umano di questo. Bugia. Un’amica neuropsichiatra mi ha detto: “Senza offesa, i padri immigrati sono instabili perché pensano sempre che un giorno torneranno a casa. E così non scelgono nessun modello educativo per i figli”. Non ha tutti i torti, ma io non ho mai visto un padre stabile a prescindere dalla sua condizione. Per paura di fallire o per amore ho sempre cercato di fare l’unica cosa per cui sono nato: viaggiare. E per me i figli sono compagni di viaggio. Strada facendo ho imparato molto da loro. Al primo ho dato carta e penna e gli ho chiesto di disegnarmi l’amore: era il seno di sua madre. Alla seconda ho dato un gesso e una lavagna e le ho chiesto di disegnarmi la felicità: era una casa con tante finestre. Al terzo non darò niente, gli chiederò di animarmi il rumore della vita. Volete sapere se è maschio o femmina? Per carità, non ditemi niente, poi mi affeziono troppo al genere e non al dono. Il medico sorride.