Sono per il verde e per la pace in generale ma non sono né ambientalista né pacifista. Questione d’educazione. Ieri ho dovuto tagliare un bellissimo acero rosso, piantato dal nonno il giorno in cui nacque il suo primo nipote. L’unica sua colpa rosso era di essere stato piantato a suo tempo al limite del confine che separa il nostro giardino da quello di Giovanni. L’acero cresceva in silenzio divino, anche Giovanni viveva in pace prima di perdere il posto di lavoro e trovare compagnia nella bottiglia di vino. In uno di questi giorni storti Giovanni, con tutto lo spazio a disposizione, decise di cambiare il posto auto. Proprio lì parcheggiava, finché non sentiva il sordo rumore del tronco dell’acero. Uno, due, tre volte. Io non ci facevo caso, avevo fiducia nella resistenza dell’acero, ma Giovanni no e così mi confidò la sua incazzatura: “Per colpa dell’albero ho distrutto mezza auto, guardi…”. I casi sono due: o uccidere Giovanni o abbattere l’acero rosso. Confesso di non aver il coraggio di fare né l’una né l’altra cosa. Così ho chiesto aiuto a Carlo, un altro vicino di casa amante del verde, della motosega e, soprattutto, è senza pietà e non fa troppe domande. Carlo è stato così delicato da segare l’acero rosso e far sparire ogni traccia finchè in casa non c’era nessuno. Adesso, fuori dalla nostra cucina, c’è più luce e un vuoto enorme. E forse Giovanni, tra un bicchiere e l’altro e, nell’attesa di un nuovo lavoro, riesce a parcheggiare meglio la sua vecchia auto. Vroom.