Nablus, il cimitero centrale. Sono le 10 del mattino. Fa caldo.
I ragazzi si sono dati appuntamento qui per il solito raduno. Il
giorno prima ognuno di loro ha preparato il suo capolavoro curandolo
nei minimi dettagli. Ci vuole qualche ora di applicazione e di pazienza
per costruire un aquilone perfetto, magari con la consulenza di
qualche adulto. I ragazzi arrivano a piedi, alla spicciolata, qualcuno
si porta il suo piccolo aquilone sottobraccio, altri hanno bisogno
dell'aiuto di un fratello o di un amico: è impossibile trasportare
da soli un cerchio di carta di un metro e mezzo, più le frange
e una coda maestosa che può raggiungere anche i tre metri.
In questi casi c'è la mano dei genitori, è chiaro.
Le dimensioni degli aquiloni sono variabili, ma i colori, a parte
le frange e la coda, sono quasi identici: il rosso, il nero e il
verde, la bandiera di uno stato ancora immaginario. Le tombe del
cimitero sono ottime rampe di lancio, e i ragazzi le usano tranquillamente,
tutte, tranne quella di Fatima. (Forse per rispetto, forse perché
la ragazza, quando è stata uccisa, aveva la loro età).
L'unico momento in cui si avvicinavano a quella lapide era quando
l'aquilone volava ormai alto nel cielo, allora lo legavano alla
piccola palla di pietra che sormontava la tomba. Ali porta un aquilone
di modeste dimensioni e non ha bisogno d'aiuto per farlo decollare;
dopo aver studiato il vento e valutato lo spazio libero, sceglie
la tomba giusta e vi posa sopra l'aquilone con delicatezza, studiando
bene l'inclinazione. Adesso deve solo aspettare il colpo di vento
giusto. Bisogna saper attendere anche una ventina di minuti, dipende
dalla fortuna. Omar si è portato Hassan, il fratello, come
aiutante: il suo aquilone è gigantesco, vuole stupire e vincere
la gara. La volta scorsa Hassan è stato un disastro, oggi
deve eseguire gli ordini e non fare di testa sua. Un aquilone fuori
serie come questo deve decollare da una certa altezza e con una
spinta, come un pistard che viene sorretto e lanciato dal suo allenatore.
Hassan si arrampica sulla tomba giusta, quella di un fabbro, Jamal
Haddad: non si sa perché ma la sua lapide è in una
posizione ideale. Hassan, trepidante, sale con delicatezza: ha conosciuto
l'inquilino della tomba, un uomo burbero che da vivo gli faceva
paura. Un po' gliene fa anche adesso, da morto. Una volta Hassan,
passando davanti alla bottega del fabbro, aveva urtato un cavalletto
facendo cadere un cancello in lavorazione, e Jamal si era incazzato
di brutto. Non sembrava niente di grave, ma quella notte Hassan
aveva sognato il fabbro avvolto dalle fiamme infernali che batteva
alla porta di casa con un martello gigantesco. Il più brutto
incubo* della sua vita. – Ya asar! Ana batbahak... (Stronzetto,
ti ammazzo...) Hassan, pensando al morto, non ha sentito che il
fratello gli ordinava di lanciare, e ha perso il colpo di vento
favorevole. Adesso gli tocca aspettare ancora, in bilico sulla tomba
di Jamal. Basem, col suo aquilone dimesso, sembra non dar peso alle
dimensioni e alle decorazioni degli altri, ha un suo piano segreto
per vincere. Nel cielo ci sono già una decina di aquiloni
che volano leggeri in un concerto di fruscii, come un'orchestra
intonata: i più grandi sono violoncelli e contrabbassi, i
più piccoli viole e violini. L'aquilone di Basem stride,
è fuori dal coro, vola senza equilibrio, sembra un ubriaco
che cerca un appoggio nel vuoto. In realtà la sua è
la danza del falchetto che cerca la preda. La sera prima, Basem
si era procurato una lametta Wilkinson usata del padre e l'aveva
spezzata fissando poi le due metà al suo aquilone in modo
che fossero invisibili. Gli altri ragazzi si erano accorti che c'era
qualcosa che non andava nel volo di quell'aquilone e ne stavano
alla larga, scansando la sua traiettoria. Basem ha individuato la
preda, lo si capisce dal sorriso. Il suo aquilone si avvicina rapidamente
a quello di Omar che è finalmente riuscito a decollare. –
Hassan, Hassan... saidni... annaslu... (Hassan, Hassan... aiutami,
facciamolo scendere...) Omar è disperato, aveva pensato a
tutto tranne che all'aquilone assassino. Ora non riesce a sottrarre
il suo pachiderma all'assalto della zanzara. Basem, con una manovra
studiata e spietata, taglia di netto il filo del "capolavoro"
che se ne va nel vento, mentre Omar e Hassan lo rincorrono invano.
Basem, cinico, gli grida dietro: – Fi tis el hamam il barri!
(In culo alle colombe selvatiche, voi e la vostra bandiera!) Nelle
gare degli aquiloni è come nella vita, i ragazzi imparano
che non esistono colpi proibiti.